La mia attività consiste principalmente nella ricerca antropologica sul cibo, soprattutto in relazione ai fenomeni migratori e alle tradizioni alimentari dell’area mediterranea. Questo si traduce in un lavoro etnografico di scrittura per:
- testate nazionali e internazionali (La Cucina Italiana, Il Giornale del Cibo, Scatti di Gusto, Vanity Fair, 1820 Magazine);
- guide enogastronomiche (Espresso, Gambero Rosso);
- libri e manuali (Pesci Diversi, La Fenomenologia della Polpetta, Il Fagiolo di Mandia, Il ristorante oggi).
In generale cerco di recuperare la singolarità dei casi concreti e delle storie individuali, attraverso i racconti autobiografici delle persone e dei loro vissuti quotidiani. Infatti un antropologo non raggiunge mai un’oggettività in quello che scrive, sia per la natura stessa della disciplina, sia per l’influenza dei soggetti, anche se queste alterazioni fanno parte della veridicità ricercata dall’antropologia stessa.
Dunque il mio lavoro finisce per essere un movimento continuo e perpetuo verso l’altro, uno spazio da percorrere in cui ci si può perdere oppure fermare e prendersi il tempo per capire che cosa sono queste mete raggiunte e questi luoghi scoperti agli occhi di chi li vive tutti i giorni. E così l’antropologia diventa magia e ogni racconto assume l’aspetto di un percorso unico.
Nel 2021 ho fondato il LAC – Laboratorio di Antropologia del Cibo, un vero e proprio laboratorio antropologico dove persone e cucine da tutto il mondo si incontrano, ogni volta in modo diverso.
Gli chef, infatti, sono persone varie con qualifiche differenti: migranti di prima, seconda e terza generazione; rifugiati e richiedenti asilo; home chef, ristoratori e cuochi professionisti; badanti, musicisti, casalinghe, artisti. Tutti sono accomunati da una profonda passione per la cucina e dalla voglia di trasmetterla, cioè di farsi portavoce dei loro luoghi d’origine e dei piatti di casa, quella veri, autentici, del cuore.
Ogni corso dura 2 ore, durante il quale si parla, si cucina e si mangia insieme attorno a un tavolo: chi vuole può aiutare il cuoco nella preparazione, chi vuole può prendere appunti, chiacchierare con il vicino o tartassare di domande e curiosità il docente. Perché qui si fa prima di tutto antropologia e cultura, ma rigorosamente in modo conviviale.
Molti dei prodotti utilizzati sono di piccole aziende italiane, da quelli delle cascine intorno a Milano alle prelibatezze del Cilento.